L'ostetrica può somministrare boli analgesici alla partoriente in caso di partoanalgesia?

Parere condiviso dal Comitato centrale e dall'Ufficio legale della FNCO (febbraio 2012).

Premesso che:

La necessità di effettuare un prelievo venoso è una delle prime condizioni che mettono in relazione l’ostetrica e la persona assistita.

Da sempre all’ostetrica/o è riconosciuta questa metodica dalle normative italiane, come del resto ad altre professioni sanitarie abilitate, come ad esempio l’infermiere, il medico ecc..
Già nell’art. 8 del DPR 7 marzo 1975 n. 163 “Regolamento per l’esercizio professionale delle ostetriche” si desume che l’ostetrica/o – “può praticare ” tutto quanto è consentito dalle disposizioni in vigore agli infermieri professionali” ; … tra cui “.. il prelievo capillare e venoso del sangue”.

Seppur tale normativa è stata abrogata con l’approvazione della legge 42/99, la pratica “prelievo venoso e capillare” è sempre riconosciuta all’ostetrica in quanto acquisita nel percorso formativo teorico-pratico della laurea in Ostetricia con valore abilitante. Nelle diverse sedi di tirocinio può essere sperimentata dalla tirocinante ostetrica sia su pazienti maschi, femmine, su adulti e bambini.

Attualmente il profilo professionale dell’ostetrica, arricchito di nuove e più specifiche competenze nel percorso universitario e nella formazione post-universitaria, postula l’esecuzione di una vasta gamma di attività connessa all’assunzione di una più completa autonomia professionale.

Va inoltre rammentato che l’ostetrica/o può svolgere la sua prestazione in strutture sanitarie sia pubbliche e sia private (ospedali, ambulatori, consultori, studi sanitari ecc.).

Naturalmente pertinente e coerente con le prestazioni previste nel proprio profilo (DM 740/94) e quelle indicate nelle direttive Europee è il prelievo venoso alle donne ed ai bambini; tuttavia qualora le prestazioni professionali siano accettate in ambito privatistico, in regime di libera professione con regolare
contratto, esplicitamente e consensualmente, il titolo professionale di ostetrica/o di per sé non costituisce un elemento ostativo all’accettazione di una proposta di lavoro, seppur si tratti dello svolgimento di una attività generica e non specialistica in ambito extraospedaliero. Né potrebbe profilarsi una violazione dell’art. 348 c.p. non ravvisandosi allo stato una norma extrapenale impositiva di un divieto in tal senso, anche nel caso tali azioni siano rivolte al paziente maschio.
 
Conclusioni
 
Le prestazioni assistenziali di base, generiche, non specialistiche, tra cui il prelievo venoso e capillare, sono da sempre parte integrante del campo proprio di attività e responsabilità professionale come previsto nelle precedenti (art. 8 del DPR 7 marzo 1975 n. 163 “Regolamento per l’esercizio professionale delle ostetriche” si desume che l’ostetrica/o – “può praticare ” tutto quanto è consentito dalle disposizioni in vigore agli infermieri professionali”; … tra cui “…il prelievo capillare e venoso del sangue”) ed attuali normative (l. 42/99) che regolano la professione di ostetrica.

Il prelievo di sangue venoso e capillare rientra tra gli obiettivi di apprendimento teorico/pratico inclusi nel percorso formativo triennale abilitante (laurea in Ostetricia) alla professione di ostetrica/o, pertanto in virtù della legge 42/99 l’ostetrica è autorizzata dallo Stato a eseguire tale pratica nelle strutture pubbliche e private.

Vale la pena notare che il Ministero della salute in data 8.7.2002, con sua nota, ha precisato che: ...pervengono a questo ministero continue richieste sulla possibilità che oltre ai medici, agli infermieri ed alle ostetriche, per i quali esiste una espressa previsione normativa, altri professionisti sanitari possano essere
autorizzati ad operare prelievi di sangue venoso e capillare…“ con ciò ammettendo pacificamente la possibilità da parte delle ostetriche di effettuare i prelievi venosi.